Guida e consigli utili per chi vuole investire in metalli preziosi

In questa pagina di Goldness Price rispondiamo ad alcune delle domande o perplessità più comuni che affliggono chiunque si avvicini al mondo dell'investimento in metalli preziosi.

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Non sempre. A differenza di molti altri settori, chi vende oro da investimento non è obbligato a recedere dal contratto. Il codice del consumo, emanato con Decreto Legislativo 6 settembre 2005, dichiara che “Salvo diverso accordo tra le parti, il consumatore non può esercitare il diritto di recesso nei casi […] di fornitura di beni o servizi il cui prezzo è legato a fluttuazioni dei tassi del mercato finanziario che il professionista non è in grado di controllare”.

Pertanto la possibilità di recedere dai contratti di acquisto di metalli preziosi è a discrezione di ogni venditore e, per conoscere le politiche adottate, bisogna consultare direttamente il sito dove si effettua l’acquisto.

L’oro da investimento è esente da Iva nella maggior parte dei Paesi, per questo motivo è il metallo favorito per l’investimento. Per oro da investimento si intende oro sotto forma di lingotti e placchette di purezza pari o superiore a 995 millesimi e monete d’oro di purezza pari o superiore a 900 millesimi, coniate dopo il 1800, che hanno o hanno avuto corso legale nel Paese di origine. In Italia, con l’entrata in vigore della Legge 7/2000, i privati cittadini possono investire in oro fisico godendo di diverse agevolazioni fiscali come l’esenzione iva.

Sull’argento invece, a differenza dell’oro, si applica l’Iva. Per questo motivo i prezzi risultano molto maggiorati rispetto alla quotazione reale. Chi decide di investire in argento lo fa dunque con una visione lungimirante. La quotazione dell’argento è infatti generalmente più stabile di quella dell’oro, ma nel tempo è stata interessata da picchi repentini, che possono portare a interessanti guadagni. Il vantaggio di investire in monete e lingotti in argento è sicuramente il prezzo ampiamente più basso rispetto all’oro, caratteristica che lo rende accessibile ad una più vasta platea di investitori; su di esso bisogna però sempre considerare, al pari della maggior parte dei prodotti di consumo acquistati, l’Iva al 22%.

Esattamente come l’argento, e come ogni altro metallo prezioso ad esclusione dell’oro, il platino è soggetto all’Iva al 22%. Poiché con l’entrata in vigore della Legge 7/2000 l’oro è esente da Iva, c’è la credenza che anche gli altri metalli come argento, platino e palladio lo siano, ma non è così. Per questo motivo bisogna tenere conto che gli investimenti in platino, come quelli in argento e palladio, sono diversi dagli investimenti in oro, e vanno loro applicate strategie diverse.

In Italia le cessioni di metalli preziosi sono soggette a tassazione se questi ultimi sono allo stato grezzo (polveri, grani, lamine, lingotti) o in forma di monete d’oro, mentre non viene tassata la cessione di oro usato che abbia la forma di oreficeria o gioielleria.

La tassazione dei metalli preziosi è disciplinata dall’art. 67, co. 1, del TUIR e prevede che siano tassate le plusvalenze generate dalla cessione a titolo oneroso degli stessi con un’imposta sostitutiva fissa pari al 26%. Si tratta della stessa aliquota con cui sono tassate le rendite finanziarie. La compravendita di metalli preziosi rappresenta infatti un’operazione finanziaria in grado di generare plusvalenze o minusvalenze, che devono essere indicate annualmente dal contribuente all’interno del quadro RT – sezione II “Plusvalenze di natura finanziaria” del modello Redditi Persone Fisiche. L’obbligo di dichiarazione ricade in capo al soggetto che a qualsiasi titolo trasferisce, salvo che si tratti di: soggetto non residente né avente sede legale in Italia; operazione in cui sia parte una banca o un Operatore Professionale in Oro; operazione finanziaria; trasferimento di oro a seguito di successione ereditaria (in tal caso la dichiarazione spetta al soggetto che succede nella titolarità dell’oro); operazioni in oro poste in essere per il tramite di società fiduciarie.

La base imponibile da indicare è data dalla differenza tra il corrispettivo pattuito per la cessione e il valore di acquisto del metallo, aumentato di ogni onere inerente alla produzione, compresa l’eventuale imposta di successione o donazione, le spese notarili e così via (fatta eccezione per gli interessi passivi). Nello specifico si paga il 26% sul capital gain, cioè sulla plusvalenza, in caso di guadagno dalla compravendita.

Al fine di riuscire a determinare in modo corretto tale valore è indispensabile conservare la documentazione relativa all’atto di acquisto dei metalli. In caso di assenza di fattura o valori di acquisto, all’atto di vendita viene determinata una plusvalenza presunta. In particolare viene preso come valore di plusvalenza il 25% del valore di vendita. Tale valore viene assoggettato a imposizione in misura fissa del 26%.

Esempi di calcolo della plusvalenza:

  1. Determinazione Della Plusvalenza Ipotizziamo che un soggetto acquisti un lingotto d’oro per un corrispettivo pari a 1000€. Lo stesso lingotto viene poi venduto a 2.500 euro. La plusvalenza, pari a 1.500 euro, è data dalla differenza tra corrispettivo e costo di acquisto e deve essere assoggettata a tassazione in misura fissa del 26%. Si pagano dunque le tasse su quei 1500€, che rappresentano il capital gain, o plusvalenza.
  2. Determinazione Della Plusvalenza In Assenza Di Valori Di Acquisto Ipotizziamo che un soggetto abbia acquistato un lingotto d’oro ad un prezzo che al momento non è conosciuto: all’atto della cessione del lingotto viene determinata una plusvalenza come valore presunto. Nello specifico viene preso come valore di plusvalenza il 25% del valore di vendita. Così se il soggetto deve vendere il lingotto a 2.000 euro avremo 2.000€ * 25% = 500€. La plusvalenza presunta è dunque di 500€ e tale valore deve essere assoggettato a imposizione in misura fissa del 26%.

Sì, si può importare oro da un Paese Estero. Tuttavia ogni spostamento di oro da investimento da o verso l'estero, con un valore intrinseco pari o superiore a € 12.500, deve essere segnalato all'Unità di Informazione Finanziaria (UIF). La norma dell'ordinamento italiano che regolamenta questo settore è la Legge 7/2000 che prevede, nel comma 2 dell'Art. 1, l'obbligo di dichiarare tutte le operazioni in oro, nonché i trasferimenti da e verso l'estero di oro di importo pari o superiore a 12.500 €.

Tali operazioni in oro effettuate sul territorio nazionale e i trasferimenti al seguito dall'estero devono essere segnalati alla UIF entro la fine del mese successivo a quello nel quale l'operazione è stata compiuta.
Le operazioni di trasferimento al seguito verso l'estero, invece, devono essere comunicate alla UIF prima dell'attraversamento della frontiera. In tali casistiche, copia della dichiarazione e del documento che ne attesta l'avvenuta trasmissione devono accompagnare l'oro al momento dell'attraversamento della frontiera. L’operazione dovrà altresì essere ricompresa nella segnalazione mensile a consuntivo.

In caso di trasferimento da e per l’estero, l’obbligo alla segnalazione è in capo all'acquirente e non al rivenditore, come potrebbe sembrare più naturale. Il rivenditore ha infatti solo obblighi inerenti alle normative fiscali del Paese in cui risiede. Il modo più semplice per effettuare la dichiarazione è quello di ricorrere ad un intermediario autorizzato, come un Istituto di credito o un Operatore Professionale iscritto all'Albo della Banca d'Italia.

In caso di mancata dichiarazione le sanzioni, indicate nel comma 2 dell'Art. 4 della stessa legge, vanno da un minimo del 10 per cento ad un massimo del 40 per cento del valore negoziato.

A partire dal 1° Gennaio 2023 la soglia massima all’utilizzo del denaro contante è stata innalzata a 5.000,00 euro; questo per espressa previsione contenuta nella Legge di Bilancio 2023 pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 29 Dicembre 2022.

Per effetto di tale disposizione – che modifica l’articolo 49 del Decreto Legislativo n° 231/07 (disciplina antiriciclaggio) – gli Operatori Professionali in Oro dediti al commercio di oro di cui alla Legge n° 7/2000, nonché i soggetti esercenti il commercio di articoli di gioielleria e/o oreficeria nuova (ovvero i gioiellieri), possono effettuare e ricevere pagamenti in contanti fino a 4.999,99 €.

Dunque l’oro da investimento, al pari di tutti gli altri metalli preziosi da investimento, e così come stabilito per la maggior parte dei settori merceologici, può essere acquistato in contanti fino ad un massimo di 4.999,99 €.

Restano, inoltre, ferme le disposizioni sancite dal Ministero dell’Economia e delle Finanze – MEF rispetto alla possibilità di effettuare pagamenti misti per operazioni oltre la soglia massima, e cioè: fino a 4.999,99 € in denaro contante e per la parte eccedente con mezzi tracciabili come bonifici, assegni o carte di credito.

Nulla cambia, invece, per l’attività di compro oro, regolamentata dal Decreto Legislativo n° 92/2017. Pertanto il limite all’utilizzo del denaro contante per le transazioni aventi alla base oggetti preziosi usati resta dell’importo di € 499,99 (rif. art. 4, comma 2, D.lgs n° 92/2017).

È questa discordanza che spesso genera confusione, facendo erroneamente credere che il limite al pagamento contante sia esteso all’intero settore dell’oro e dei metalli preziosi, e dunque anche all’acquisto di lingotti e monete da investimento, quando invece è limitato alla sola attività di acquisto di oro e metalli preziosi usati da parte dei compro oro.

Fermo restando che quale tra i due preferire sia una scelta che deve far fede soltanto ai gusti, alle esigenze e preferenze dell’investitore, nonché al tipo di investimento che si vuole effettuare, è bene sapere che, sebbene si tratti pur sempre di un investimento in metalli preziosi, esistono lievi differenze tra monete e lingotti.

La differenza sostanziale è che le monete hanno uno spread più elevato rispetto ai lingotti, specialmente se si fa il paragone con i lingotti di grosso taglio. Nel settore dei metalli preziosi con il termine spread ci si riferisce alla differenza tra la quotazione di borsa e il prezzo effettivo del prodotto. Differenza determinata dalla commissione di compravendita, addebitata per ogni transazione di acquisto o vendita, che include il costo applicato dal rivenditore per il suo guadagno, ma anche i costi di manifattura, che incidono non poco sul prezzo dei metalli. Le monete tendenzialmente hanno uno spread maggiore rispetto ai lingotti, sia perché, essendo molto più elaborate, presentano dei costi di lavorazione più elevati, e sia per la loro tiratura che, a differenza di quella dei lingotti, è limitata; fattore questo che, tuttavia, potrebbe far acquisire loro un valore aggiunto anche in fase di rivendita.

Detto questo bisogna considerare che le monete da investimento sono di piccolo taglio e rispetto ai lingotti sono sempre facilmente maneggiabili, trasportabili e gestibili. Bastano inoltre poche decine di pezzi a configurare un grosso investimento o risparmio. Rispetto ai lingotti permettono di frazionare molto più facilmente il capitale da investire o disinvestire: ciò significa che la quantità investita non deve essere necessariamente liquidata per intero. Poiché vengono coniate dalle Zecche di Stato sono inoltre garantite dalla Nazione di appartenenza e conservano il loro valore indipendentemente da eventuali cambi di governo o dal Paese in cui vengono rivendute. Bisogna ricordare e valutare che perdipiù le monete possono superare il loro valore intrinseco: proprio grazie alla tiratura limitata, in un mercato tradizionalmente caratterizzato da una fortissima domanda, possono infatti diventare sempre più difficili da trovare ed acquisire quindi un valore maggiore del metallo prezioso che contengono.

Per quanto riguarda i lingotti, bisogna invece sottolineare prima di tutto la loro purezza: che si tratti di oro o di argento, a differenza delle monete, i lingotti da investimento hanno sempre una purezza di 999,9. Hanno inoltre uno spread minore rispetto alle monete, dovuto sia ai costi di produzione e manifattura più bassi, che alla loro tiratura illimitata. Con i loro tagli variegati offrono inoltre un’ampia varietà di investimento. Se acquistare tagli più grandi è certamente più conveniente in termini di prezzo e ideale per grandi investimenti, acquistare tagli più piccoli, al pari delle monete, rende facilmente frazionabile l’investimento e il disinvestimento. I lingotti, specie se di tagli elevati, sono più comodi rispetto alle monete per gli investimenti di grandi dimensioni, grazie alla loro facilità di stoccaggio nelle casseforti, alla loro purezza e ai minori costi di produzione.

Sottolineando che in ogni caso si tratta di un ottimo investimento, consigliamo comunque ad ogni investitore di approfondire l’argomento prima di effettuare una scelta tra monete e lingotti, al fine di ponderare la decisione in base alle proprie esigenze.

Dire quanto costano al grammo i metalli preziosi da investimento è impossibile. Si può tenere presente il prezzo di borsa, certo, ma si può ben notare che il prezzo effettivo al grammo si discosta da tale valore e, soprattutto, cambia da lingotto a lingotto. O, meglio, da taglio a taglio.

Questo perché il prezzo dei metalli preziosi da investimento dipende da vari fattori e, nello specifico, bisogna valutare: la quotazione di borsa, i grammi di metallo puro contenuti nella moneta o nel lingotto e lo spread, come viene definito in gergo, ovvero le commissioni e i costi di manifattura. Così il totale viene dato grosso modo dalla formula “PREZZO DI BORSA GIORNALIERO x GRAMMI DI METALLO PURO + SPREAD”.

Nel settore dei metalli preziosi con il termine spread ci si riferisce alla differenza tra la quotazione di borsa e il prezzo effettivo del prodotto, all’acquisto e alla vendita. Differenza determinata dalla commissione di compravendita, addebitata per ogni transazione di acquisto o vendita, che include il costo applicato dal rivenditore per il suo guadagno, ma anche i costi di manifattura, che incidono non poco sul prezzo.

Ecco spiegato perché all’acquisto o alla vendita il prezzo dei metalli preziosi non è perfettamente identico alla quotazione di borsa, e perché il prezzo al grammo varia da taglio a taglio.

Quando si investe in metalli preziosi bisogna sempre considerare che taglio del lingotto o della moneta e spread sono inversamente proporzionali: più piccolo è il taglio e maggiore è lo spread. Più, invece, sale il taglio e più, in proporzione, diminuiscono i costi al grammo e ci si avvicina sempre più alla quotazione di borsa.

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